Panettone, il dolce di Milano
Perché il panettone si chiama panettone? Da dove deriva? E qual è la sua vera storia? Natale a Milano fa rima con panettone. Ma l’origine del dolce natalizio non è certa, anzi: si perde tra le pieghe della storia di Milano e si confonde con la leggenda. Tre le vicende più note, riportate nella scheda per il riconoscimento Deco (Denominazione comunale, ndr) del panettone. La prima — forse meno conosciuta — lo fa risalire alle gesta di un innamorato desideroso di aiutare l’attività del padre della sua amata. La seconda (più celebre) fa risalire l’origine del primo panettone alla corte di Ludovico Maria Sforza (Il Moro), duca di Milano dal 1480 al 1499. La terza, invece, narra di un convento di giovani suore e di un pane dolce cucinato per festeggiare il Natale.
Ma andiamo con ordine. Secondo la prima leggenda il creatore del primo panettone fu Ughetto, figlio di Giacomo Atellani (il cui palazzo, dono del Moro, si trovava vicino alla chiesa delle Grazie). Il giovane era innamorato di Adalgisa, figlia di un vicino fornaio. Date le umili condizioni della famiglia della giovane, gli Atellani osteggiarono le nozze. Inoltre gli affari del fornaio non andavano molto bene. Per risollevare la situazione, Ughetto, si fece assumere come garzone dal fornaio e pensò di migliorare il pane aggiungendo burro e zucchero. Fu un successo. Non solo: durante una seconda preparazione aggiunse anche pezzetti di cedro candito e uova, la nuova ricetta riscosse ancora più successo, tanto che tutto il borgo faceva la coda alla porta del fornaio per avere quel dolce. Infine i due giovani — come accade nelle favole — si sposarono e vissero felici e contenti.
La leggenda del «Pan de’ Toni», invece, è legata alla corte di Ludovico il Moro. Il cuoco di corte fu incaricato di preparare un sontuoso pranzo di Natale a cui erano stati invitati molti nobili del circondario, ma il dolce, dimenticato nel forno, quasi si carbonizzò. Vista la disperazione del cuoco, Toni, un piccolo sguattero, propose di realizzare un dolce con quanto rimasto: farina, burro,uova, scorza di cedro e uvetta. Il cuoco acconsentì e una volta pronto lo portò in tavola. Ludovico e i suoi ospiti furono entusiasti e vollero conoscere il nome di quella prelibatezza, così il cuoco rivelò il segreto «L’è ‘lo pan del Toni».
La terza leggenda, invece, narra di un convento di giovani suore alle quali si prospettava un triste e povero Natale. Una di loro, suor Ughetta, pensò allora di aggiungere zucchero, uova, burro e pezzi di cedro all’impasto del pane. Infine tracciò con il coltello una croce sulla crosta che, cuocendo e indorandosi, formò vistosi rilievi, tuttora tipici dei panettoni più tradizionali.
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