In Valtellina un sito con fossili di 280 milioni di anni
“Un intero ecosistema fossilizzato su lastre di arenaria a grana finissima, che hanno conservato dettagli inimmaginabili“. Al Museo delle Scienze Naturali di Milano, sono stati presentati alcuni fossili risalenti a 280 milioni di anni fa, 50 milioni di anni prima della comparsa dei dinosauri sulla terra.
“Le esplorazioni sono solo iniziate. Voglio complimentarmi con il team scientifico dei nostri musei perché fin dalle prime ricerche, questa scoperta conferma il ruolo centrale dei musei scientifici di del Comune di Milano nelle ricerche sul campo. In sinergia con la soprintendenza e con l’Università di Pavia le esplorazioni sono appena iniziate e produrranno risultati che potranno vedere con i loro occhi nel Museo di Storia Naturale”, ha dichiarato l’assessore alla Cultura del Comune di Milano Tommaso Sacchi.
La scoperta è stata casuale. Il primo reperto, rinominato “Masso 0” è stato scoperto da Claudia Steffensen, una escursionista di Lovero (SO), mentre percorreva un sentiero della Val d’Ambria, nel comune di Piateda (SO), a 1.700 metri di quota e che ha poi avvisato il fotografo naturalista Elio Della Ferrera, il quale ha poi incontrato casualmente Cristiano Dal Sasso, paleontologo dei Vertebrati presso il Museo di Storia Naturale di Milano.
“Questi giacimenti erano già noti, ma questo affioramento in particolare è ricchissimo di orme appartenenti a specie diverse e quindi ci apre una finestra davvero unica su un sistema remoto che se non si fosse fossilizzato e poi portato fino a 3000 metri dalla deriva dei continenti noi non conosceremmo”, ha spiegato Dal Sasso, che ritiene che questo sia solo l’inizio: grazie infatti a sopralluoghi successivi, a partire dall’estate del 2023 Elio Della Ferrera e i ricercatori hanno mappato e fotografato centinaia di tracce fossili, che affiorano ancora in situ a quasi 3000 metri di quota sulle pareti verticali del Pizzo del Diavolo di Tenda, del Pizzo dell’Omo e del Pizzo Rondenino e negli accumuli di frana sottostanti.
Per il direttore del Parco Orobie Valtellinesi Massimo Merati “Le scoperte sono in continuità con quanto evidenziato alla fine del secolo scorso in Val Gerola e sul versante bergamasco: il territorio orobico si sta dimostrando un grande laboratorio a cielo aperto. Ma i ricercatori hanno bisogno di droni e altra strumentazione appropriata per mappare i fossili sulle pareti verticali, e per recuperare i reperti che rischiano di essere sepolti dalle frane ci vorrà ancora l’elicottero. Trasportare a valle anche i massi situati a quote più alte è altrimenti impossibile”. “Questa è una grande avventura che inizia oggi e che ci permetterà di condurre nuovi studi in futuro- riferisce Chiara Fabi, responsabile dell’Unità coordinamento scientifico del museo, acquario e planetario -. Riuscire a portare questi fossili in tre settimane qui al museo e renderli visibili è stata un’attività di sinergia grandissima che accade poche volte tra enti e istituzioni”.
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Il Museo di Storia Naturale di Milano
Foto: Museo di Storia Naturale di Milano